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Neuroimmagini e clinica: E’ uscita ad agosto 2023 una pubblicazione scientifica sulla rivista Neuroscience & Biobehavioral Reviews, Elsevier, dal titolo Neuroimaging research in Williams Syndrome: Beginning to bridge the gap with clinical care

Lo studio, svolto da alcuni ricercatori americani (Thom, Canales, Tresvalles, McDougle, Hooker, Chen, Zürcher) ha evidenziato come siano presenti in letteratura oltre 80 studi basati sulle neuro immagini del cervello delle persone con Sindrome di Williams. La maggior parte di questi studi si è focalizzata sull’identificazione di differenze morfologiche del cervello. Sono state evidenziate una diminuzione del volume della regione parieto-occipitale e un incremento del volume cerebellare. Altre particolarità sono state nominate, ma in maniera non omogenea fra gli studi. Nel cercare di capire a cosa fosse dovuto il deficit visuospaziale, è stata identificata una disfunzione del flusso dorsale e una anormale attivazione della formazione dell’ippocampo. Solo pochi studi hanno utilizzato la tecnica PET o la risonanza magnetica.

Al termine della disamina della letteratura esistente su questo argomento, gli autori auspicano che in futuro possano essere adottati approcci che utilizzino le tecniche di neuroimmagine in concomitanza con lo studio del fenotipo clinico, utilizzando tutte le nuove possibilità messe a disposizione dal progresso scientifico in questo campo. Sarebbe utile individuare la vascolarizzazione del cervello e/o aggiungere informazioni biochimiche e molecolari. Inoltre sarebbe opportuno formare e includere gruppi più omogenei per età, che possano rappresentare le varie fasi della vita. Con queste premesse, la possibilità di individuare modalità cliniche di approccio alla patologia e conseguentemente fornire strumenti per migliorare la qualità di vita sarebbero incrementate.

In conclusione, il gap esistente fra neuroimmagini e clinica sarebbe da colmare, nell’ottica di rendere fruibili nella vita quotidiana informazioni che altrimenti rimangono a livello di studio teorico.

Lo studio in questione è stato finanziato dall’Associazione Americana sulla Sindrome di Williams, (Williams Syndrome Association).